Un giorno, qualche sapiente inglese decise di nominare la variante inglese del Covid 19 ” Alpha”, la prima lettera dell’alfabeto greco. Il greco, bellissima lingua antica che è oramai riservato agli scientifici. Era quindi totalmente legittimo utilizzare il greco per battezzare il nostro miglior nemico contemporaneo. Speriamo che i greci non si siano offuscati di questo rispolvero della loro lingua a livello assolutamente mondiale.Probabilmente, il nostro inventore, non immaginava che il coronavirus furbo e viravoltante ci avrebbe permesso di riportare in auge il greco e testardamente pare deciso a farci apprendere tutte le 24 lettere dell’alfabeto ellenico. Fiducioso, il nostro bravo inglese ha, però, preso la scorciatoia e l’ultimo rampollo del covid19 si chiama Omicron cioé la quindicesima lettera dell’alfabeto dei moderni discendenti di Aristotele. Cosa ne pensa il coronavirus della nostra impazienza di farlo arrivare velocemente all’Omega e di dargli un freddo commiato? Chi è capace ora di scommettere un caffè sul suo decorso? E se mister coronavirus fosse attrezzato per adattarsi e per durare volando tra i continenti, i climi, le maschere ed i vaccini? Cosa finiremo di fare per adattarci? La scienza da secoli ha trovato tantissimi rimedi, medicinali, vaccini contro tanti flagelli che hanno perseguitato il vivente e la natura, siamo quindi legittimati a pensare che finirà di farcela anche questa volta. Ma basteranno sempre i rimedi scientifici a limitare i danni? Quale prezzo siamo disposti a pagare per uscirne ” costi quello che costi” ? I miliardi impegnati per difenderci dal coronavirus sono solo soldi, dopotutto. Ma chi parla ancora dei 5.500.000 morti ( tale sarà il numero dei decessi oggi stesso) che sono già ufficialmente stati decimati dal coronavirus? Paradossalmente eravamo tutti siderati dalle notizie delle prime decine quotidiane di morti cinesi nell’ oramai distante gennaio 2020 ma ora ci siamo abituati e l’indifferenza o la fatalità hanno sotterrato la nostra empatia, la nostra compassione ed anche le nostre paure. Eppure all’inizio eravamo stati convinti che il coronavirus fosse stato diffuso dagli animali selvatici, spinti fuori dalle loro tane dalla deforestazione galoppante e dalle predazioni umane ma ora siamo più propensi a pensare che lo hanno fabbricato i cinesi in laboratorio. Almeno non dovremo, con questa ipotesi, sostenere la necessità di frenare le nostre pratiche economiche produttive ed i nostri consumi devastanti e a continuare a produrre e consumare in pace. Ma sì, sta andando proprio così e l’uscita dall’epidemia è l’occasione insperata di un rilancio della crescita al massimo, come dopo ogni guerra distruttrice. Bene, speriamo vivamente di avere avuto ragione perché in caso contrario con il coronavirus e con i suoi parenti e discendenti dovremo abituarci a convivere sine die. Se poi per noi conta solo la crescita, se i morti sono tutti vecchi già malconci, se in fondo siamo troppi sul pianeta, rassegnamoci al ballo in maschera senza fine, ai vaccini ogni tre mesi ed a tutto quello che patiamo, detestiamo, odiamo imparando, non più il numero limitato delle lettere del’alfabeto greco ma probabilmente il pallottoliere numerico all’infinito.